Ogni giornalista sa che all’inizio di un articolo bisogna mettere la Notizia. Le famose cinque doppie “W” del giornalismo anglosassone: who, what, where, when, why. Ma come fare quando i temi toccati in un’intervista sono tanti, quando si resta indecisi, con il foglio bianco d’avanti, a cercar di capire come iniziare.
Perché in Italia è una notizia che ci sia ancora qualcuno convinto di poter fare dell’editoria la propria vita. Pubblicando, da Prato, libri destinati al mercato italiano e non solo.
Perché è una notizia trovare qualcuno che ripeta, con forza, come se non cambiamo la narrativa che abbiamo dell’altro, qualsiasi forma di cooperazione sarà zoppa se non inutile. E che una nuova relazione tra Africa ed Europa (se mai ci sarà) passa, oggi più che mai, dalla penna degli scrittori e dagli occhi dei lettori.
Perché – e qui il purtroppo è d’obbligo – per alcuni è una notizia che ci possano essere immigrati che scrivono libri. Per di più belli. Libri capaci di mettere in crisi le nostre certezze.
E potremmo continuare nell’elencare i motivi per cui non è facile rendere conto di un’intervista a Brhan Tesfay, scrittore e fondatore della Casa Editrice Sui (Sviluppi Umani Immaginati). Una realtà che, rubiamo le parole del loro sito, “pubblica in formato tradizionale e digitale rappresentazioni ispirate dal magma del vissuto: romanzi, saggi, fiabe, poesie, biografie, teatro. La missione è dare spazio alla narrazione senza patria”. E lo fa con quella cura “riservata alle lettere private”.