La “Dottrina Macron”:
«Serve un cambio di prospettiva e un nuovo asse afro-europeo»

“Il terzo grande progetto europeo, è il cambiamento di prospettiva nei confronti dell’Africa e la reinvenzione dell’asse afro-europeo. È la lotta di una generazione, ma credo che sia fondamentale per noi. L’Europa non avrà successo se l’Africa non avrà successo. Questo è evidente. Lo vediamo quando non riusciamo a creare sicurezza, pace o prosperità attraverso la migrazione. Lo vediamo perché l’Africa è nelle nostre società. Abbiamo una parte di Africa in tutte le nostre società e viviamo in sintonia. E quando dico Africa, intendo in senso lato l’Africa e la regione mediterranea”.

Emmanuel Macron

Vanno prese con cautela, lette, rilette e soppesate le parole del presidente francese Emmanuel Macron nell’intervista concessa alcuni giorni alla rivista Le Grand Continent di cui Africaeuropa riprende ampi stralci (rimandandovi alla lettura del testo integrale che potete trovare qui), perché non si possono scindere le parole dai fatti e, soprattutto, dalla storia.

Parlare di politica estera francese in Africa significa realmente scoperchiare un vaso di pandora e aprire un dibattito che ci porterebbe molto lontano: bel oltre il punto in cui vogliamo arrivare con questo articolo.

Lo stesso Macron durante il suo primo viaggio in Africa da presidente, nel novembre 2017, era caduto in una brutta gaffe durante un discorso (qui il video) tenuto davanti ad un gruppo di studenti universitari a Ouagadougou in Burkina Faso.

Potremmo citare le proteste anti-francesi scoppiate in diverse città africane negli ultimi anni, il tema del coinvolgimento militare nel Sahel, il dibattito sulla restituzione delle operare d’arte africane conservate nei musei francesi, i molti scandali legati ai suoi predecessori o alle attività di imprese e uomini d’affari francesi coinvolti in scandali di corruzione e violazioni dei diritti umani ecc.

Oppure potremmo parlare dell’ultima intervista concessa a Jeune Afrique in cui Macron parla di storia d’amore tra la Francia e l’Africa.

Quello che vorremo fare, invece, è prima di tutto riportare le parole e il pensiero del presidente francese perché crediamo contengano alcune chiavi di lettura interessanti per capire come potranno evolvere le relazioni tra i due continenti.

L’intervista a cui facciamo riferimento non è una conversazione come tante: appare chiaro fin dal titolo “La dottrina Macron”, dalla scelta delle domande e dalla pubblicazione del testo su una rivista di geopolitica con un chiaro taglio europeista che il presidente vuole usare questo palco per raccontare la sua visione nelle relazioni euroafricane o afroeuropee (anche) in vista delle prossime elezioni presidenziali. Un testo manifesto – da statista o aspirante tale (lo dirà la storia) – in cui le parole sono soppesate e che, proprio per questo, acquistano ancor più valore.

Parole che, al netto della premessa iniziale, contengono alcuni spunti molto interessanti.

Prima di tutto Macron evidenzia l’importanza di “rafforzare e strutturare un’Europa politica” ribadendo un suo cavallo di battaglia: ovvero la costituzione di un’Europa forte (è implicito il riferimento ad una centralità dell’asse Fraco-Tedesco) che dialoghi da pari e non da una posizione di subalternità in un mondo sempre più multipolare. Da qui l’invito a “un nuovo multilateralismo, cioè ad un dialogo tra le varie potenze per decidere insieme”.

Uno scenario in cui la relazione tra Europa ed Africa diventa per Macron quanto mai strategica e funzionale alla proiezione della Francia e dell’Europa in uno scenario globale.

“Dunque, prima di tutto – scrive il presidente francese – si tratta di un ripensamento della nostra griglia di lettura: più Europa. In secondo luogo, di una vera e propria partnership Europa-Africa, perché la chiave del problema è nelle nostre relazioni. In seguito, è fondamentale la costruzione di coalizioni molto concrete con attori governativi e non governativi – aziende, associazioni – per ottenere risultati lungo un percorso che ci siamo fissati insieme. A partire da qui, potremo costruire strategie di alleanza più ampie”.

Il presidente arriva a parlare della necessità di un vero e proprio cambio di prospettiva.

«Ma abbiamo qualcosa da costruire. Quando parlo di un cambiamento di prospettiva, intendo dire che dobbiamo riuscire a far sì che l’Africa veda l’Europa in modo diverso e che noi stessi la vediamo in modo diverso, come un’occasione, una formidabile opportunità di sviluppo congiunto per riuscire in quel progetto che ho evocato. Dico questo perché non credo che avanzeremo o che risolveremo i nostri problemi rimanendo imprigionati dalla nostra storia. Io stesso ho avviato un importante lavoro di memoria e politico in particolare per quanto riguarda l’Algeria, ma vedo nella nostra storia come un ritorno del risentimento e della repressione in cui confluiscono le questioni più disparate: la post-decolonizzazione, le questioni religiose, economiche e sociali che creano una forma di incomunicabilità tra Europa e Africa. Penso che dobbiamo sciogliere questi nodi, ma soprattutto dobbiamo abbracciare l’Africa con molta più forza nella capacità che le diamo di svilupparsi autonomamente, sostenendola e restituendo orgoglio alle diaspore di origini africane che vivono nei nostri Paesi per renderle fermenti centrali di questa opportunità, non problemi come troppo spesso le vediamo. Ecco perché parlo di un cambiamento di prospettiva, per riuscire a dimostrare che l’universalismo che proponiamo non è un universalismo di dominio, come lo era quello della colonizzazione, ma di amicizia e partenariato. Queste sono, per me, le tre grandi battaglie da combattere…»

Su quest’ultimo punto, ha parlato di incomunicabilità con l’Africa. All’interno dell’Europa, sulla partnership da costruire con l’Africa, non crede che esista una forma di incomunicabilità anche tra i paesi dell’Europa occidentale e orientale?

«Prima di tutto, non dico che ci sia un’incomunicabilità, ma un accumulo di difficoltà e problemi, una commistione e delle manipolazioni da parte di alcuni. Questo tema viene chiaramente manipolato. È evidente anche da parte di alcune potenze egemoniche che danno prova di un nuovo imperialismo in Africa e usano questo risentimento per indebolire l’Europa e la Francia.

Se pensiamo all’Europa e al suo rapporto con l’Africa, abbiamo ventisette storie diverse. Non direi che l’opposizione è tra Oriente e Occidente. Prendiamo per esempio la Francia e la Germania: non abbiamo lo stesso rapporto con l’Africa. Innanzitutto perché la lingua è importante e l’Africa è in gran parte francofona, e perciò noi abbiamo un rapporto speciale con questa parte di Africa. Da parte mia, ho voluto ricostruire un rapporto molto forte con l’Africa anglofona e lusofona, che rivendico. Sono stato il primo presidente francese ad andare in Ghana o in Kenya, per esempio. O ad andare a Lagos. All’epoca sembrava una pazzia, ma è così che è andata: la Francia aveva dei rapporti solo con una certa parte di Africa. La Germania ha un rapporto molto diverso, come sapete, ed è il risultato della storia della fine del XIX secolo. Quindi penso che abbiamo una pluralità di relazioni nella nostra storia, che non dovrebbero determinare eccessivamente l’attuale modo di pensare oggi».

“Perché credo – conclude Macron – che l’Europa non dissolva la voce della Francia: la Francia ha la sua concezione, la sua storia, la sua visione degli affari internazionali, ma la sua azione risulta molto più utile e forte se portata avanti attraverso l’Europa”.

Proprio questa ultima frase conferma però qualche qualche dubbio sulle reali intenzioni del presidente francese: quella che ha in mente davvero Macron è una vera politica europea nei confronti dell’Africa (ammesso che esista o possa esistere) capace di mettere in discussione i propri errori o, più semplicemente, Macron punta ad avere un’Europa al servizio degli interessi francesi in Africa.  Per dirla più semplicemente: Macron all’interno di questa visione è davvero disposto a mettere gli interessi francesi non dico al di sotto, ma alla pari di quelli degli altri Paesi europei e dei partener africani?

Forse è questo il cambio di prospettiva che stiamo ancora aspettando.

Michele Luppi

* Nella foto di apertura il presidente Macron tra il presidente del Camerun Paul Biya e il re del Marocco Mohammed VI

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