
Puntuale come ogni anno, in concomitanza con il Forum di Davos, l’ONG Oxfam ha diffuso il suo rapporto sulle diseguaglianze nel mondo.
I dati che ne derivano sono impietosi ed evidenziano un costante e inesorabile aumento della disparità a livello glogale: la ricchezza globale, in crescita tra giugno 2018 e giugno 2019, resta fortemente concentrata al vertice della piramide distributiva: l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone.
Ovvero i 2.153 miliardari (i vari Jeff Bezos di Amazon, Bill Gates di Microsoft, Warren Buffett di Berkshire Hathaway e Bernard Arnault della mason Louis Vuitton, solo per citare i quattro più ricchi) detengono più ricchezza di 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione globale.
E mentre i livelli medi di ricchezza si assottigliano (in alcuni casi andando verso il basso) le disuguaglianze all’interno di molti Paesi sono in crescita. In Italia il 10% più ricco possiede oltre 6 volte la ricchezza del 50% più povero dei nostri connazionali. Una quota cresciuta in 20 anni del 7,6% a fronte di una riduzione del 36,6% di quella della metà più povera degli italiani.
Un problema che tocca molto da vicino il continente africano dove, nonostante la crescita economica degli ultimi anni (con una crescita del Pil superiore alla media globale), il tema del contrasto alle diseguaglianze resta centrale.

Fin qui la diagnosi che ripetiamo ad ogni vertice di Davos, ma poi? Qualche titolo di giornale, qualche discussione al bar o in parrocchia, ma poi? Nulla cambia perché per farlo bisognerebbe iniziare a parlare di modelli economici e fiscali, sistemi ridistributivi e, non da ultimo, stili di vita.
Ed è qui che tutto si blocca.
Perché è tutto terribilmente complesso, perché le lobby di chi vede crescere la sua ricchezza non ne vuole sapere di rinunciarvi e perché, in fondo, a quanti come noi vivono nella parte ricca nel mondo (pur non essendo miliardardi) va bene che le cose continuino così.
Così come – va bene così – a tanti ricchi e ricchissimi nelle zone più povere del mondo più interessanti ad accumulare fortune che non a costruire un benessere collettivo.
A fare qualcosa ci sta provando papa Francesco che, dopo l’enciclica Laudato Si’, ha fortemente voluto l’incontro del prossimo marzo ad Assisi in cui giovani ricercatori ed economisti da tutto il mondo si confronteranno proprio sui modelli economici per un’economia più attenta all’uomo (leggi l’approfondimento a pagina 5).
La speranza è che si possa finalmente passare dalla protesta alla proposta avviando processi che possano, quanto meno, frenare questa deriva.