AGGIORNAMENTO: Lo scrivevamo più di quattro mesi fa davanti ad un lapidario comunicato di Medici Senza Frontiere: “A sette mesi dall’inizio della più grande epidemia di Ebola mai registrata in Repubblica Democratica del Congo (RDC), la risposta all’emergenza sta fallendo nel controllare l’epidemia, in un clima di crescente sfiducia delle comunità”.
Rompiamo il silenzio sull’emergenza Ebola in R. D. del Congo
Era l’8 marzo 2019. Oggi a pochi mesi di distanza la situazione sembra fuori controllo con la prima vittima registrata a Goma, terza città più popolosa del Paese (al confine con il Rwanda), e l’allarme lanciato marcoledì 17 luglio dalle Nazioni Unite (QUI IL COMUNICATO) nel giorno in cui ricorre il primo anniversario dall’inizio dell’epidemia.
The second worst Ebola outbreak of all time, in the Democratic Republic of the Congo (DRC), was officially declared a Public Health Emergency of International Concern on Wednesday, with the head of the World Health Organization calling for countries to ‘take notice and redouble our efforts”.
Durante un incontro, tenutosi a New York, con i vertici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la crisi congolese è stata definita come il secondo peggior focolaio di Ebola di tutti i tempi.
“La diffusione del virus non sarà propriamente contenuta senza una risposta su larga scala” si legge nel comunicato.
Nel corso degli ultimi dodici mesi i casi di infezione registrati nelle province dell’Ituri e del Nord Kivu sono stati più di 2500 e i morti accertati 1670.
Le Nazioni Unite hanno chiesto un maggior impegno da parte dei donatori internazionali per sostenere le operazioni in atto e chiesto ai Paesi vicini di tenerele strade e i confini aperti così da non colpire doppiamente (con il blocco dei commerci) una popolazione già pesantemente provata da decenni di instabilità.