In questi anni Africaeuropa ha seguito da vicino e con costanza il percorso verso l’adozione di una normativa europea per l’importazione di minerali provenienti da zone di conflitto.
Ma per certi aspetti il nuovo regolamento europeo (la cui entrata in vigore è prevista nel 2021!) sembra già superato.
Questo perché la legislazione si applica a quattro minerali – tungsteno, tantalio (contenuto nel Coltan), oro e stagno – ma ne dimentica altri, come il cobalto, che sta conoscendo un vero e proprio boom di produzione (e di prezzo) trainato dallo sviluppo dell’industria di automobili e bici elettriche.
Sul tema vi invitiamo a guardare questo bel servizio di Luigi Pelazza per la trasmissione Le Iene dalla Repubblica Democratica del Congo.
Con questo non si vuole certamente demonizzare la mobilità elettrica che comporta notevoli benefici per l’ambiente in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e altri inquinanti, ma semplicemente aiutare ad aprire gli occhi su cosa si nasconde dietro i prodotti che arrivano nelle nostre case o nei nostri garage e a pretendere, dalle aziende produttrici, maggior rispetto per i diritti umani ad ogni punto della filiera.
Ma noi cosa possiamo fare in tutto questo?
Ce lo siamo chiesto tante volte con i ragazzi che, nelle scorse settimane a Como, hanno partecipato alla mostra Minerali Clandestini, promossa dall’associazione Chiama l’Africa. E questa è la risposta che si siamo dati. O, meglio, le cinque risposte…
5 “R” PER UN PICCOLO GRANDE CAMBIAMENTO
Ridurre i consumi: abbiamo davvero bisogno di tutto ciò che acquistiamo?
Riuso: possiamo scegliere di non buttare gli apparecchi che non utilizziamo più, ma che funzionano ancora. Magari tra parenti, amici o conoscenti ci può essere chi dà nuova vita a ciò che noi non usiamo più. Oppure possiamo scegliere di comprare un apparecchio usato o “ricondizionato”.
Riparare: quando un elettrodomestico o un apparecchio hi-tech si rompe siamo sicuri che non ci sia davvero più nulla da fare?
Riciclo: nel cassetto insieme allo smartphone che non funziona più restano anche i minerali che questo contiene. Smaltire gli apparecchi tecnologici nei luoghi adatti permette di non inquinare l’ambiente e di recuperarne, in larga parte, i componenti.
Responsabilità: Conoscere e informarsi sulla catena di produzione degli oggetti che utilizziamo ci dà la possibilità di chiedere ai legislatori, nazionali e sovranazionali (come nel caso dell’Unione europea) di agire per difendere i diritti dei popoli vittime dello sfruttamento. È stato grazie alla mobilitazione della società civile che l’Unione europea ha imposto alle grandi imprese importatrici di minerali di certificare la provenienza delle materie prime. Una legge che ha dei grossi limiti – ad esempio non riguarda l’importazione di prodotti semilavorati (come i micro-chip) – ma che rappresenta sicuramente un primo passo verso una filiera più etica.