Per capire quanto la questione migratoria ed, in particolare, il flusso dei migranti dall’Africa pesi sul futuro politico dell’Unione europea e dei suoi stati membri, alle prese con importanti vigilie elettorali (Francia e Germania in testa), è sufficiente cogliere l’inaspettato dinamismo diplomatico della cancelliera tedesca Angela Merkel nella regione africana del Sahel.
Perché se è vero che dal maggio 2014 con l’approvazione di una nuova strategia per l’Africa, Berlino ha rilanciato il suo ruolo politico ed economico nel continente, è fuori di dubbio che quanto avvenuto nella settimana dal 10 al 16 ottobre abbia dell’eccezionale.
Nel giro di una manciata di giorni, infatti, la cancelliera Merkel ha portato a termine un viaggio che ha toccato tre stati chiave per la gestione delle migrazioni dal continente verso l’Europa: Mali, Niger ed Etiopia. Ma non è tutto. Nei giorni successivi i presidenti di Ciad e Nigeria sono stati ricevuti (forse sarebbe meglio dire convocati) a Berlino per una serie di meeting bilaterali.
Al di là delle dichiarazione ufficiali, spesso condite di retorica, non è difficile vedere in questi comportamenti la volontà della Merkel di prendere in mano il pallino dell’azione politica e diplomatica all’interno di un’Unione europea le cui politiche sembrano sempre più bloccate dai giochi di veti incrociati. Un protagonismo che potrebbe alla lunga infastidire Parigi che, storicamente, considera la regione del Sahel sotto la sua personale sfera di influenza.
Un’area strategica non solo per la gestione delle migrazioni, ma anche per la lotta al jihadismo internazionale e, più in generale, per l’influenza politica sull’intera Africa occidentale.
Whoever controls Mali, controls West Africa, if not the whole of Africa (Doulaye Konate, Association of African Historians).
L’impegno militare francese in Mali e il successivo dispiegamento nel Sahel dell’operazione Barkhane – con 3500 uomini la più grande missione militare dell’esercito francese fuori dai confini nazionali – è lì a dimostrarlo.
Al centro dei colloqui della Cancelliera con i presidente africani c’era ovviamente (e non poteva essere altrimenti) la tematica migratoria, anche se non sono mancati momenti istituzionali come la visita ai quasi cinquecento soldati tedeschi in missione in Mali – sotto l’ombrello delle Nazioni Unite – e l’inaugurazione ad Addis Abeba di una nuova sede dell’Unione africana.
Sul piatto ci sono i “compacts”, i nuovi accordi bilaterali che l’Unione europea sta sperimentando con Nigeria, Mali, Niger, Senegal ed Etiopia; non a caso tre di questi sono i Paesi visitati dalla Merkel. Gli accordi prevedono – sul modello dell’intesa tra Ue e Turchia – una maggior collaborazione dei Paesi africani nella gestione delle migrazioni e nella lotta ai trafficanti, in cambio di maggior fondi per la gestione della forze di polizia e progetti di sviluppo. Programmi che saranno finanziati dal fondo fiduciario per l’Africa approvato dai leader europei a La Valletta.
LEGGI L’APPROFONDIMENTO DI AFRICAEUROPA SUI NUOVI “COMPACTS”
Ma è soprattutto in Niger – Paese in cui la Germania ha annunciato pochi mesi fa la creazione di una base militare (nel Paese sono già presenti basi di Usa e Francia) – che la cancelliera ha giocato le sue carte.
Lo stato africano ed, in particolare, la città di Agadez rappresenta, non da oggi, uno snodo cruciale nelle rotte dall’Africa occidentale verso la Libia e da qui all’Europa. Nella sua visita a Niamey Angela Merkel – primo cancelliere tedesco nella storia a visitare il Paese – ha promesso al presidente Mahamadou Issoufou di sbloccare 27 milioni di euro di aiui: 10 milioni serviranno per l’equipaggiamento militare e 17 per progetti di sviluppo proprio nell’area di Agadez.
Promesse a cui il presidente del Niger ha risposto chiedendo maggiori finanziamenti e invocando la necessità di un vero e proprio “Piano Marshal” per la regione del Sahel. Richiesta rimasta inascoltata.
Solo il tempo potrà dirci quale saranno le conseguenze di questa accelerazione voluta dalla Merkel e se la spinta tedesca porterà l’Unione europea a rilanciare le proprie relazioni nel Sahel, anche a dispetto del protagonismo francese nell’area.
Per il momento restano le fragilità di un sistema in cui si evidenzia un chiaro sbilanciamento tra le parti: da un lato l’Unione europea che sembra avere l’unico obiettivo di fermare i flussi (a tutti i costi) e dall’altro i singoli Paesi africani chiamati a siglare accordi che, citando una celebre battuta del Padrino, appaiono come un’ “Offerta che non si può rifiutare”.
Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati provengo dall’Africa circa un quarto dei 318 mila migranti arrivati in Europa nel 2016 (dato aggiornato al 13 ottobre). I Paesi di maggior provenienza sono Nigeria, Eritrea, Sudan, Gambia, Costa d’Avorio, Guinea, Somalia, Mali, Senegal.