Cercando la via per il nord:
in aumento i migranti africani al confine italo-svizzero

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Da circa una settimana la stazione San Giovanni di Como è al centro di un flusso di migranti – per lo più eritrei e somali – intenzionati ad attraversare il confine diretti verso il nord Europa. Una situazione divenuta particolarmente critica nei giorni scorsi quando, nelle ore serali, sono arrivati ad essere un centinaio i migranti costretti a dormire all’addiaccio nei pressi della stazione.

I giornali a caccia di titoli ad effetto hanno parlato di Como come la nuova Ventimiglia, in Svizzera si è arrivati addirittura ad evocare Calais, la città su La Manica che accoglie i migranti diretti verso il Regno Unito. Ma a guardarla da vicino la situazione nella città lombarda al confine con il Canton Ticino è ben diversa.

La maggior parte dei migranti si è ritrovata in città dopo aver tentato di passare illegalmente il confine nascondendosi sui treni o camminando pericolosamente ai bordi dell’autostrada, lungo i binari della ferrovia o tra i boschi.

Secondo i dati dell’Amministrazione federale delle dogane svizzere, sono stati 3.600 i migranti passati dal Ticino nei primi sei mesi del 2016, con un picco di 1.123 passaggi nella penultima settimana di giugno.

foto san giovanniLa maggior parte di loro sono stati “riammessi” (questo è il termine tecnico) in territorio italiano, finendo per trovare riparo proprio alla stazione di Como dove si è messa in moto la macchina dell’accoglienza.Un fenomeno non chiaro.

Una situazione di “emergenza” che appare al tempo stesso prevista e imprevedibile. Prevista perché da settimane, anche a seguito dell’aumento dei controlli a Ventimiglia e al Brennero e del sovraffollamento della stazione centrale di Milano, era ipotizzabile che aumentassero i transiti verso il Ticino. Ma allo stesso tempo imprevedibile come dimostra l’oscillamento degli arrivi dei giorni scorsi.

“Perché proprio ora e non uno o due mesi fa?”, si chiede il direttore della Caritas diocesana,Roberto Bernasconi, che ammette con sincerità di non sapere cosa aspettarsi per le prossime settimane.

L’articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2016 sul sito dell’Agenzia Sir

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