Africa: il futuro è già arrivato
al “Capo di Buona Speranza”

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“Quello (il riferimento è all’Africa ndr) è il continente dei bambini soldato e dei continui massacri inter-etnici, un continente malato che continuerà a campare di flebo (estere) per chissà quanto”.

Sono rimasto colpito nel leggere queste parole in un articolo che raccontava la visita di Papa Francesco in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana. Non cito il nome del collega che ha usato queste parole e neppure la testata perché non mi interessa mettere alla gogna nessuno, quanto riflettere sull’immaginario che continua a circondare l’Africa.

E poco importa se, ormai da anni, testate estere (e in minima parte italiane) provano a raccontare quanto di altro ci sia nel continente.

Sinceramente pensavo che anche nel nostro Paese, sempre un po’ provinciale quando si tratta di esteri, fossimo riusciti a lasciarci alle spalle l’idea di un continente africano come un unico, grande e profondo buco nero. Forse mi sbagliavo o forse no.

Le notizie degli ultimi giorni da questo punto di vista sono in chiaroscuro: da un lato si annuncia la chiusura di un’agenzia come la Misna che per anni ha saputo raccontare il continente, dall’altro la rivista Limes esce con un numero intitolato: “Africa, il nostro futuro”; davvero un bel salto rispetto al malato che necessita di flebo, anche se avremmo preferito qualche autore africano in più tra i giornalisti ed esperti coinvolti.

Ngangue E.-300x300Se volete provare ad allargare i vostri orizzonti vi consiglio la lettura – veloce e divertente – del volume “Capo di Buona Speranza”  del giornalista camerunense, ma residente in Francia, Eyoum Nganguè* (casa editrice Emi – 12 euro, 143 pag). Lasciando da parte la sociologia e le grandi dissertazioni economico-politiche (per quanto importanti) Nganguè guida il lettore attraverso un caleidoscopio di piccole storie quotidiane che permettono di cogliere alcuni aspetti curiosi e innovativi di un continente in movimento.

Si parla di Bethlemme Tilahun Alemu, giovane imprenditrice etiope che ha dato vita ad un’azienda di calzature (la SoleRebels) partendo dai copertoni usati. Modelli venduti oggi in 60 Paesi del mondo grazie anche ad un innovativo sistema di e-commerce.

Irene-Koki-Mutungi1C’è spazio per la storia di Kim Smith, una giovane sudafricana, prima donna africana a mettere piede in Antartide o della kenyana Irene Koki Mutungi (nella foto), la prima pilota africana a far atterrare un Boing all’aeroporto “Charles de Gaulle” di Parigi.

E poi il “cardiopad” un tablet progettato dal camerunense Arthur Zang che permette di fare elettrocardiogrammi a distanza o la storia di William Kamkwamba, il “Ragazzo che catturò il vento”, già raccontata in un libro edito in Italia da Rizzoli.

Senza dimenticare la cultura con la presentazione di iniziative e festival che animano diversi Paesi: cito ad esempio il festival del fumetto di Yaoundé.

1619558787Alcune delle storie, il cui elenco è molto più lungo e articolato, sono solo accennate e lasciano nel lettore la curiosità di saperne di più, ma rappresentano comunque spunti interessanti per iniziare un viaggio che potrà continuare attraverso altri libri (nel volume si trovano le indicazioni), film o, perché no, viaggi.

Intendiamoci, quella proposta da Eyoum Nganguè è una visione certamente non completa ed esaustiva del continente, ma esattamente come non lo sono le descrizioni di chi continua, oggi come ieri, a raccontare solo quello che non va.

Perché in Africa il futuro sembra essere già arrivato.

 

* Il giornalista è curatore di una rubrica sulla rivista Mondo e Missione.

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