E’ stata consegnata venerdì 16 ottobre, nelle mani del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, la Carta di Milano. Ma quanti, a pochi giorni dalla chiusura di Expo, sanno realmente cosa sia?
Il documento è considerato – dai promotori – l’eredità immateriale di Expo 2015 e rappresenta la proposta dell’Italia sul tema dell’esposizione universale: “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”, in vista del dibattito che si aprirà a novembre al Palazzo di Vetro di New York su nuovi “Obiettivi di sviluppo sostenibile” che raccolgono l’eredità della Campagna per gli Obiettivi del Millennio lanciati nel 2000.
“Noi donne e uomini, cittadini di questo pianeta, sottoscriviamo questo documento, per assumerci impegni precisi in relazione al diritto al cibo che riteniamo debba essere considerato un diritto umano fondamentale”.
Sono queste le parole con cui si apre il documento – sottoscritta da oltre un milione di persone – che si rivolge non solo alle Istituzioni, ma anche a imprese, realtà della società civile e singoli cittadini.
L’accesso “a una quantità sufficiente di cibo sicuro, sano e nutriente”, è collegata infatti – nel testo – alla salvaguardia dell’ambiente, a partire dalle protezione delle foreste (5 milioni di ettari di foresta scompaiono ogni anno) e alla salvaguardia del mare (dove più del 30% del pescato in commercio è sfruttato oltre la sua capacità di rigenerazione).
Tutto questo in un mondo dalle “ingiustificabili diseguaglianze” con un miliardo di persone malnutrite, a fronte di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo che, ogni anno, vengono sprecati”; per non parlare delle persone, quasi due miliardi, in sovrappeso.
Ai cittadini la Carta chiede di avere maggior consapevolezza nel consumo di cibo, controllandone la qualità e evitando sprechi.
Alla società civile si chiede di promuovere l’educazione alimentare e ambientale, valorizzare i produttori locali e denunciare le principali criticità nelle legislazioni.
Alle imprese i firmatari chiedono il rispetto delle convenzioni internazionali in materia ambientale, la necessaria diversificazione delle produzioni agricole e di allevamento, la riduzione degli sprechi durante la filiera e la promozione di tecniche di imballaggio che riducano i rifiuti.
Infine la richiesta ai governi e alle istituzioni internazionali perché rafforzino le legge in favore della tutela del suolo agricolo, per regolamentare gli investimenti sulle risorse naturali, tutelando le popolazioni locali.
Proprio su questo punto alcune associazioni italiane hanno sottolineato la debolezza del testo consegnato a Ban Ki-moon.
Prima di tutto gli OGM (gli organismi geneticamente modificati) di cui non si fa menzione nel testo eppure “rappresentano un aspetto fondamentale dell’agricoltura moderna”, con conseguenze ancora non prevedibili.
La seconda critica riguarda la speculazione finanziaria sul cibo. “Le conseguenze sociali di oscillazioni eccessive dei prezzi possono essere destabilizzanti per intere nazioni, come la crisi del cibo del 2008 ha dimostrato. La finanza deve aiutare a gestire tali oscillazioni, non può esserne la causa”.
Infine il land grabbing.
“La stabilità dei prezzi agricoli – si legge nel documento redatto dalle associazioni – è, oggi, una vera priorità. Prezzi troppo alti riducono la domanda e danneggiano i più poveri. Prezzi troppo bassi alimentano la fuga dalle campagne da parte dei contadini e ingrossano gli slums. E’ questa una delle spiegazioni del fenomeno del land grabbing: si abbassano artificialmente i prezzi, i contadini lasciano le terre, qualche ricco o Paesi stranieri si comprano (spesso affittano per lunghi periodi ndr) le terre a costi svalutati”. Si stima che oltre 40 milioni di ettari di terreno siano soggetti al fenomeno da parte di grandi multinazionali, investitori e istituzioni, violando il diritto di accesso alla terra e all’acqua delle comunità locali.
Temi su cui è necessario interrogarsi se si vuole che l’accesso al cibo sia – realmente – un diritto per tutti.
L’elenco delle realtà critiche nei confronti della Carta di Milano si è allungato nei giorni scorsi con l’intervento di Michel Roy, segretario generale Caritas Internationalis. “Nella Carta di Milano – ha detto – non si sente la voce dei poveri del mondo, né di quelli del Nord né di quelli che vivono nel Sud del pianeta”.