Tragedie del Mediterraneo:
l’ingiusto scaricabarile
sull’impotente Unione europea

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Cercherò di essere breve, ma purtroppo stavolta non credo sarà possibile.
Almeno 800 migranti (secondo quanto dichiarato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) sono morti tra il 18 e il 19 aprile; altri 200 il 20 aprile davanti alla costa orientale di Rodi. Altri erano morti in un altro naufragio circa un mese fa.

In queste ore i social network sono pieni di commenti – molti dei quali deliranti e che non meriterebbero nemmeno di essere considerati -, ma quello che mi fa pensare è altro: la maggior parte della gente ha postato una serie di commenti la cui sequenza è di questo tipo:

1) BASTA!!!

2) La nostra indifferenza è colpevole!

3) Cosa fa l’Unione Europea? Perché tace e cerca scuse?

Bene, per quanto mi è possibile, vorrei cercare di spiegarvi il punto 3).

L’Unione Europea non tace affatto. Il problema è che il mestiere dell’UE, almeno per il momento, è quello di fare leggi, fare in modo che siano applicate e cercare di uniformarle il più possibile su tutto il territorio europeo.

Ora, l’insieme delle norme sulla sorveglianza delle frontiere europee mediterranee non solo è enorme, ma è anche emanato da autorità all’interno dell’UE che sono eterogenee e non necessariamente in accordo fra loro.

Innanzitutto vi sono gli attori politici al servizio dell’Unione Europea e quelli al servizio degli Stati nazionali; poi a livello operativo vi sono differenti sistemi di sorveglianza e tecnologie in concorrenza fra loro; penso al sistema europeo di sorveglianza frontaliera EUROSUR, al progetto di sorveglianza marittima MARSUR e al CISE.

Infine ci sono gli elementi trasversali, che mettono in relazione gli attori con la compagine legislativa europea: il più importante di questi è la cooperazione frontaliera basata sugli accordi di Schengen.

Voi capite che districare una matassa del genere non solo è difficile, ma non si può certo fare scrivendo banalità del tipo: “l’UE è indifferente a queste tragedie”.

Se l’UE avesse una politica estera comune, avremmo automaticamente una politica comune sugli sbarchi, sul controllo frontaliero, sulla SAR (Search and Rescue), sull’accoglienza e sull’asilo. E avremmo anche un Ministro degli Esteri Europeo che conta un po’ di più di quanto conti la Mogherini ora.

Morning_patrol_in_the_delta_region_of_the_Evros_river_1.prop_1200x720.d4682d9fd8In queste ore si moltiplicano anche le critiche nei confronti di Triton. Ma Triton (a differenza di Mare Nostrum che era una missione promossa da uno stato membro, l’Italia) è un’operazione nata da Frontex e la mission dell’agenzia con sede a Varsavia è quella di proteggere i confini e non quello di soccorrere i migranti: non si può quindi pretendere che Triton svolga anche operazioni di ricerca e soccorso, magari tacciandola di inadempienza delle sue funzioni. C’è bisogno semmai di una Agenzia Europea dell’immigrazione ma quale margine di manovra avrebbe una agenzia del genere, quando le politiche circa i salvataggi in mare, il riconoscimento e l’assistenza ai migranti continuano ad essere diverse da Stato a Stato?

La “compattezza politica” si ha solo se si costruisce (e perché no, ad un certo punto si impone) una politica estera comune. Ma quali stati sono disposti a sacrificare una parte significativa della propria sovranità per ottenere questo? Nessuno. E non solo gli Stati “cattivoni” della Troika, ma anche l’Italia, la Grecia o la Spagna che giustissimamente pretendono di non essere lasciati soli in queste emergenze.

A quanto mi ricordo però, riformare l’ex-Terzo Pilastro dell’UE non è una impresa che si realizza in cinque minuti. Per cui vi chiedo: sarà il caso di informarsi un attimo su come stanno veramente le cose, prima di fornire ricette facili e anatemi generici? E’ una materia difficile, voi dite? Certo che lo è. Ma le matasse non si sbrigliano coi lamenti, e neppure con gli appelli. Si sbrigliano impegnandosi a capire, prima di tutto.

Sara Anderlini – Bruxelles

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