L’Europa malata e le ricette di sviluppo per curare l’Africa

CrisisReport2013_610

Cosa ha da dare questa Europa all’Africa e agli altri Paesi in via di sviluppo?

Non è la prima volta che mi pongo questa domanda pensando ai tanti dibattiti che, in questi anni, si sono moltiplicati sul tema degli aiuti allo sviluppo. Un argomento particolarmente sentito in un continente che continua ad essere il principale donatore del mondo:  se guardiamo al 2013, nel suo insieme, l’Unione europea e i suoi Stati membri, hanno fornito oltre metà di quello che l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) definisce “aiuto pubblico allo sviluppo”. Per un valore complessivo di 56,5 miliardi di euro; una cifra pari a circa lo 0,43% del Pil europeo.

imagesMa non è questo il tema su cui vorrei concentrare la mia attenzione (avendone già parlato in un articolo precedente), vorrei piuttosto guardare al tema delle politiche di sviluppo. Pochi giorni fa Caritas Europa, organizzazione che raduna le Caritas dei diversi Paesi europei, ha pubblicato il rapporto sulla povertà nel continente. Il quadro che ne è emerso non fa che confermare quanto,  da più parti, si va ripetendo da tempo: l’Europa – complice la crisi economica o, forse, prendendo a pretesto la crisi economica – sta sempre più diventando una società diseguale che vede allargarsi la forbice tra ricchi e poveri. All’interno dell’Unione europea – si legge nell’indagine – una persona su 4 è a rischio povertà (per l’esattezza il 24,5%) ovvero 122,6 milioni di europei. Una percentuale che sale a una persona ogni tre nei sette Paesi definiti come “deboli”: Grecia, Spagna, Italia, Portogallo, Irlanda, Romania e Cipro.

Ne emerge una panoramica sconfortante: le strategie europee che dovevano portare a una diminuzione della povertà entro il 2020 hanno fallito, perché l’impatto della crisi, le politiche di austerity e i tagli al sociale imposti dalla recessione e dai governi hanno aumentato la povertà e le disuguaglianze sociali. Quasi come dire, paradossalmente, che i poveri hanno arricchito di più i ricchi (leggi l’articolo del SIR).

Stiamo parlando di quella stessa Unione europea che, da anni, invita i governi e le società africane a lavorare per l’inclusione sociale perché la crescita economica dell’ultimo decennio si tramuti in un reale miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, a partire dai ceti più bassi. Perché se è vero che in alcuni Paesi si sta facendo strada – timidamente – l’abbozzo di una futura “classe media” africana in molti altri sono le elité ad aver beneficiato degli introiti derivanti dallo sfruttamento delle materie prime (penso ad Angola e Nigeria). 

Ma di fronte a dati come questi viene da chiedersi se non sia l’Europa che si stia “africanizzando”.

La strategia di Lisbona 2020 aveva come obiettivo quello di ridurre  il numero di poveri in Europa a 96,4 milioni: ovvero 20 milioni in meno. I poveri – in questi anni – sono invece aumentati. Con buona pace di chi continua a voler esportare i propri modelli di sviluppo, senza accorgersi di essere a sua volta malato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.