“Malati sarete voi”. Tra migranti e malattie a vincere è il razzismo. Ecco perché…

da www.emergency.it

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Pubblichiamo di seguito una riflessione di Mario Guidotti, primario di neurologia all’Ospedale Valduce di Como.

Uno degli argomenti che attualmente stimolano maggiormente l’emotività collettiva è quello dei contagi. Intendiamo contagi di malattie. Virus, batteri, insomma micro-organismi cattivi. Si tratta di un fenomeno storicamente ben noto, tra le paure più ancestrali e consolidate nelle popolazioni. Basta fare riferimenti di manzoniana memoria, o pensare alle terribili epidemie europee del ‘300, ai flagelli del colera, delle dissenterie.

Il panico è recentemente riemerso con l’epidemia da virus Ebola attualmente in corso in Africa occidentale ed ha raggiunto la pancia di molti nostri concittadini aizzati anche da una stampa in affanno, che pur di vendere una copia in più farebbe carte false (appunto, trattasi di carta stampata falsa) inculcando il dubbio che i disperati che attraversano il mare sui barconi siano portatori di terribili malattie infettive.

fonte Frontex

fonte Frontex

Ho resistito tutta estate, ma quando poi ad una cena ho sentito le stesse argomentazioni fatte da un ragazzo di 19 anni, che inneggiava al respingimento dei barconi per paura che Italia arrivasse il virus Ebola, non ce l’ho più fatta ed ho sbottato. Partiamo da un breve cenno storico.

Nei primi anni ’90 sono iniziati flussi migratori semi-massicci dall’Africa e dall’Albania. Il Ministero della Sanità (ora si chiama della Salute) ha messo subito in campo una “task force” di esperti di malattie infettive e tropicali per far fronte a rischi di contagi di malattie strane (parassiti, virus, altro) che potessero arrivare da quei Paesi. Risultato: niente di niente.

L’hanno chiamato “effetto migrante sano”; vuol dire che chi arriva da noi dopo peripezie terribili, come l’attraversamento del deserto e del Mediterraneo, è tra i più sani delle terre da cui arriva. Se fosse malato non resisterebbe a tali disagi. Anche da un punto di vista di intraprendenza, di vitalità non solo fisica, ma intellettuale, chi parte è la punta della società che offre emigrazione. Chi cerca una vita migliore in un altro continente ha forza, coraggio, iniziativa.

Quindi pensare che i migranti portino malattie è non solo strumentale, ma insensato da un punto di vista scientifico. Chiamiamo quindi le cose con il proprio nome, altro non è che razzismo, sentimento dato dalla necessità di basare la propria affermazione su una presunta inferiorità altrui.

3Certo che se poi i migranti che arrivano qui da noi fanno la fame, vivono in bidonville senza servizi igienici, sono ghettizzati ed emarginati in contesti sociali promiscui e degradati, è evidente che diventano a maggior rischio di malattie e contagi.

Vivere sotto i ponti o in catapecchie senza fognature fa ammalare anche gli italiani, statene tranquilli. Mah, dicono che un agente di polizia avrebbe contattato il bacillo della tubercolosi facendo servizio tra i migranti. Primo punto: contattare il bacillo di Koch (quello delle tbc per intenderci) non vuol dire contrarre la malattia, che attecchisce solo in soggetti debilitati.

Secondo punto: qualcuno fa mai un’analisi di quanti di noi contattano quotidianamente lo stesso germe sulla metropolitana di Milano o sulle ferrovie Nord o sulla Transvesuviana?

Quindi, facciamo pure tutti i controlli sanitari necessari ai migranti che si affacciano alle nostre coste, ma se vogliamo veramente fare un discorso di salute pubblica efficace, diamo loro un’accoglienza degna di questo nome, e non facciamo finta di niente favorendo la loro fuga dai centri, perché così finiscono sotto i ponti e in strada, dove raccolgono i nostri germi, prendendo le nostre malattie, non le loro.

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