“Liberiamole tutte!” Ogni anno migliaia di donne vittime della tratta tra Africa e Europa

 

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Mentre il mondo si mobilita per la liberazione delle oltre 200 studentesse nigeriane rapite dai miliziani di Boko Haram, in pochi sembrano indignarsi per le migliaia di donne che, ogni anno, lasciano la Nigeria dirette in Europa, vittime della Tratta. Un giro d’affari di diversi miliardi di euro. 

“Liberiamole tutte!”: è il grido raccolto dall’Agenzia SIR di Giovanni Ramonda, Responsabile generale dell’associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”, che da anni porta avanti la lotta per sconfiggere la piaga della schiavitù di giovani donne.

Il movimento #bringbackourgirls “ha aspetti positivi – spiega Ramonda – ma c’è una specie di schizofrenia se si pensa alle migliaia e migliaia di ragazze altrettanto giovani che ormai da decenni arrivano dall’Africa come nuove schiave. Vengono portate nei nostri paesi perché qui c’è una grande domanda. È un paradosso. Mentre per le rapite, nascoste chissà dove, si può fare qualcosa ma non molto, su tutto l’altro fenomeno, che è di un numero incredibilmente più ampio, si potrebbe fare molto”.

Ma non si fa.

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 Transcrime - Joint Research Centre on Transnational Crime Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Trento. www.transcrime.it

Transcrime – Joint Research Centre on Transnational Crime Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Trento. www.transcrime.it

Ma quante sono le donne africane vittime della tratta verso l’Europa?

Per capirlo Africaeuropa ha chiesto aiuto a Marina Mancuso, ricercatrice presso Transcrime, centro di ricerca congiunto sul crimine transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Università di Trento.

Secondo i dati dell’UNODC, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, tra le 3800 e le 5700 donne sono vittime di tratta – ogni anno –  tra l’Africa Occidentale e l’Europa.

Un numero che va ad alimentare un bacino che, secondo gli esperti dell’agenzia, varia tra le 11mila e le 17mila vittime presenti stabilmente sul territorio europeo. La stragrande maggioranza di loro viene avviata alla prostituzione, prevalentemente sulle strade ma anche in abitazioni.

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“Snodo centrale di questo commercio di donne e ragazze è proprio la Nigeria ed, in particolare, lo stato dell’Edo, che con la sua capitale Benin City è il luogo di reclutamento della maggior parte delle donne”, ci spiega Marina Mancuso.

benin(zoom)Una città che dà anche il titolo al libro scritto a quattro mani da Laura Maragnani e Isoke Aikpitanyi, in cui vengono raccontate le dinamiche di questa moderna schiavitù.

E’ grazie a racconti come questi e al lavoro di associazioni locali che, nella stessa Nigeria, sempre più donne sono consapevoli delle conseguenze della tratta.

“Per questo – continua la ricercatrice -, le organizzazioni criminali si stanno sempre più spostando verso le zone rurali e periferiche dove è più facile adescare o, letteralmente comprare, queste giovani ragazze”.

Seppur la prostituzione sia legale in Italia, come in altri Paesi europei (pur con differenti normative), la tratta delle donne è sempre considerata un crimine anche di fronte ad un possibile consenso della vittima.

“Quando si parla di tratta non può esistere alcuna forma di consenso informato – precisa Mancuso -, perché nessuna donna al momento della sua partenza dall’Africa può sapere le condizioni in cui si troverà a vivere ed a operare”.

“Ci troviamo di fronte ad un fenomeno ormai presente da anni e abbastanza stabile nei numeri – prosegue la ricercatrice –, ma di cui si parla pochissimo. Si tratta di un tipo di crimine in cui poche sono le denunce perché le vittime sono sottoposte a minacce dirette e indirette, attraverso i familiari rimasti in patria. E poi vi è l’oggettiva difficoltà degli inquirenti che devono svolgere indagini transnazionali, ma si trovano di fronte alla difficile collaborazione delle autorità nigeriane”.

L’arrivo delle ragazze in Europa avviene nella maggioranza dei casi per vie legali ovvero attraverso voli diretti nelle principali città europee. Solo una piccola parte arriva attraversando il Mediterraneo in barca. L’Olanda, in particolare, è emersa in questi anni come una destinazione di transito per le donne dirette in Europa per via aerea. Per quanto riguarda l’Italia gli snodi principali sono Torino, Milano, Roma e Caserta.

“Le organizzazioni criminali – continua la ricercatrice – sfruttano documenti falsi come permessi temporanei di vacanza, lavoro o studio. Una volta arrivate in Europa le donne, che solitamente viaggiano da sole, si mettono in contatto con le loro ‘Madame’ (perno dell’intero sistema), che si preoccupano del loro trasferimento nel luogo in cui saranno avviate alla prostituzione”.

E’ alle Madame – nella maggioranza dei casi una vittima entrata a far parte dell’organizzazione criminale – che le donne devono la maggior parte dei loro guadagni: questo per ripagare il “debito” contratto per venire in Europa. Una cifra che vale diverse decine di migliaia di euro, anche oltre cinquanta, e che può aumentare a causa di “multe” inflitte alle donne non collaborative. Numeri elevati che rendono l’idea di quale sia il giro d’affari che ruota attorno a questo “commercio”.

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Transcrime. Progetto PON Sicurezza 2007-2013: Gli Investimenti Delle Mafie. Rapporto Linea 1. Milano: Ministero dell’Interno, 2013. www.investimentioc.it

Secondo un’indagine condotta da Transcrime (pag. 44), nel 2013, per il Ministero dell’Interno, lo sfruttamento sessuale in Italia, al chiuso e in strada, frutta alle organizzazioni criminali, al netto dei costi, un profitto annuale compresso tra un minimo di 978 milioni e un massimo di oltre 4 miliardi di euro.

Dati che spiegano meglio di tante parole il perché migliaia di donne continuino ad arrivare per essere vendute, a ore, come schiave a centinaia di migliaia di clienti.

Senza che nessuno alzi la voce per  “riportale a casa”.

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