Tornano gli “Imbarazzismi”: Leggere oltre i pregiudizi con Kossi Komla-Ebri

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"Imbarazzismi di Kossi Komla-Ebri. Edizioni SUI

La copertina di “Imbarazzismi”           di Kossi Komla-Ebri.                               Edizioni SUI

“Ogni nero che vive in Italia ha un proprio ricco repertorio di imbarazzismi. Questo fortunato neologismo, ideato da Kossi Komla-Ebri, sta a indicare situazioni che non rientrano nei casi di discriminazione crudele, violenta o quantomeno intenzionale, ma si tratta di episodi di razzismo di piccolo calibro, che avvengono senza che il loro autore se ne sia reso propriamente conto. L’imbarazzismo, come una gaffe sconveniente, crea disagio. Come un lapsus freudiano, svela giudizi e pregiudizi rimossi. Ma per quanto ciascuno di questi episodi non sia grave, gli imbarazzismi feriscono le loro vittime, perché sono quotidiani e perché illustrano una mentalità diffusa popolata di stereotipi. Come superarla? Il primo passo per sconfiggere i pregiudizi è quello di saperli riconoscere. Bisogna ammettere che ciascuno di noi ne ha diversi, quindi dobbiamo imparare a vederli e poi essere disposti a rivederli, ampliando le nostre conoscenze e mettendoli a confronto con la realtà dei fatti. Questa raccolta di aneddoti divertenti, amari e folgoranti ci aiuta a smascherare l’etnocentrismo e gli stereotipi con ironia, un’arma gentile ma efficace contro il razzismo latente”.

Lo scrive Cécile Kyenge nella prefazione di  “Imbarazzismi” dello scrittore e medico Kossi Komla-Ebri. Nella nuova edizione sono raccolti, in un unica pubblicazione, due differenti libri: “Imbarazzismi,quotidiani imbarazzismi in bianco e nero” e “Nuovi imbarazzismi, quotidiani imbarazzismi in bianco e nero/ a colori”.

Per concessione di Edizioni SUI vi proponiamo un brano scritto dall’autore ai tempi in cui era un giovane specializzando. Da allora sono passati molti anni, ma non abbastanza per porre fine agli “Imbarazzismi”. Lo regaliamo ai lettori di africaeropa convinti del ruolo che la letteratura, da entrambe le sponde del Mediterraneo, possa avere nella costruzione di una nuova relazione tra Africa e Europa.

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Lezione di geografia

Un giorno andavo a scuola di specialità in chirurgia su un treno delle Ferrovie Nord. Ero seduto su quelle poltrone micidiali super riscaldate d’inverno, perciò bisognava discretamente sollevare una natica dopo l’altra per ottenere un po’ di sollievo.

La gente, come al solito, occupava prima tutti gli altri posti e solo quando non aveva più altra scelta, disperata veniva man mano a sedersi nei miei paraggi. Un signore sulla sessantina si sedette di fronte a me e vedevo che già si preparava ad attaccare bottone, per cui mi rifugiai dietro il mio libro, per sfuggire al solito interrogatorio poliziesco con l’uso diretto del tu del tipo: – Da dove vieni? Cosa fai? Di che religione sei?

Questa volta, mi trovai di fronte un «attaccatore» coriaceo, che iniziò con:

– Hello! America?

Risposi con un dignitoso silenzio.

– Capire italiano?

Annuii distratto, ma non riuscii a scoraggiarlo.

– Africa?

Annuii di nuovo pazientemente e lui, prendendo la mia apparente rassegnazione come un tacito assenso, proseguì con la sua inquisizione:

– Tu da che paese Africa venire?

Sentii la mia voce rispondere:

– Togo.

In genere a questo punto, c’è chi dice: – Togo? Sì, ma quale paese? Stato? – oppure nasconde la sua ignoranza dietro un – Ah! – d’intendimento, pensando senz’altro ai famosi biscotti.

In fondo hanno ragione: come si fa a raccapezzarsi di fronte a questo continente balcanizzato con tutti quegli statarelli che cambiano nome a ogni starnuto di un nuovo dittatore? 

Intanto il viso del mio perspicace aguzzino, dopo aver aggrottato la fronte in un riflessivo e intenso silenzio, s’illuminò di un sorriso di compassione e con infinita sapienza salì in cattedra:

– Ah Togo! Nel tuo dialetto forse dire Togo, ma noi in italiano dire Congo. Tu capire? Congo!!

Certo che avevo capito e… grazie per la lezione di geografia!

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