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A tracciare per africaeuropa un bilancio del recente Eu-Africa Summit è Geert Laporte, vice direttore dell’ECDPM (European Centre for Development Policy Management), uno dei centri di ricerca più importanti a livello europeo sulle relazioni tra Africa ed Europa. Ci ha accolto nella sede dell’organizzazione a Bruxelles per una lunga chiacchierata sui temi al centro dei lavori (e non solo).
Come giudica la partecipazione dei leader al Summit di Bruxelles?
“Erano presenti una trentina tra capi di stato e di governo, su un totale di circa novanta delegazioni. Da questo punto di vista il Summit è stato macchiato dalle assenze di due leader importanti come il presidente sudafricano Zuma e quello britannico Cameron. Vi è stato poi il caso di Mughabe che ha deciso di non partecipare per il mancato invio della moglie, provando – senza successo – a spingere per un boicottaggio generale. Lui è sicuramente uno dei più delusi dal Summit: dopo le elezioni del 2013 e il recupero di legittimità di questi mesi, con il progressivo alleggerimento delle sanzioni europee, credo abbia perso un’occasione per continuare in questo percorso e rilanciare gli investimenti nel suo Paese”.
La dichiarazione comune sul tema delle migrazioni adottata al Summit non sembra particolarmente incisiva. Sul fronte Ue cosa dobbiamo aspettarci dal Consiglio europeo di giugno e dal nuovo parlamento che uscirà dalle elezioni di maggio?
“Africa ed Europa devono trovare una migliore comprensione comune sul tema delle migrazioni, perché la visione tra i due continenti è ancora troppo distante. L’Europa vuole evitare che gli africani arrivino a Lampedusa, ma dovrebbe capire che la repressione non necessariamente funziona e provare ad affrontare la questione in un modo più aperto. Da parte africana, invece, soprattutto a livello politico, non ci si preoccupa molto di quanti decidono di partire per migliorare la loro condizione”.
Quale possibile punto di contatto?
“Dobbiamo trovare modi per permettere forme strutturate di migrazione verso l’Unione europea, partendo magari da quei settori in cui in Europa c’è mancanza di competenze. Un approccio non dissimile da quello che l’Europa ha con alcuni stati dell’Asia. Ma non possiamo dimenticare come l’opinione pubblica in molti Paesi europei è contraria all’immigrazione e per qualsiasi governo essere più flessibile in tema di immigrazione è un’azione elettoralmente controproducente. Credo per questo che dovremo aspettarci un irrigidimento dei toni con le prossime elezioni europee, specialmente durante la campagna elettorale. La questione è complessa, ma c’è un punto da cui non possiamo prescindere: dobbiamo evitare che queste persone muoiano nel mare o che siamo sfruttate dal business dei trafficanti”.
Qual è secondo lei il principale errore che l’Europa deve evitare nel rapportarsi con l’Africa?
“Il più grande errore che l’Europa deve evitare è l’uso dei doppi standard: noi tendiamo ad essere incoerenti nel modo in cui ci rapportiamo con i diversi Paesi e questo l’Africa lo sa. Abbiamo difficoltà a riconciliare i nostri interessi e i nostri valori, perché in quei Paesi in cui gli interessi sono più forti dei valori l’Europa tende a chiudere gli occhi più facilmente sulle violazioni dei diritti umani. Detto questo credo che l’Europa potrebbe beneficiare da una maggior trasparenza su quelli che sono i suoi interessi perché gli africani apprezzerebbero questa volontà di voler andare oltre le ipocrisie. L’Europa ha sempre avuto, fin dal colonialismo, grandi interessi in Africa, li ha ancora e li vuole mantenere. Credo che se dicesse questo apertamente, gli africani probabilmente lo accetterebbero”.
E quale errore dovrebbero evitare i leader africani?
“L’Africa deve riconoscere l’importanza della relazione con l’Europa. Questo si è visto nel messaggio di Dlamini Zuma al Summit, ma c’è stato un tempo, non molti anni fa, in cui l’Unione africana dichiarava di poter fare tranquillamente a meno dell’Europa, guardando ai Paesi emergenti. Credo che l’Africa non debba essere assertiva nei confronti dell’Europa, ma allo stesso tempo non debba buttar via il bambino con l’acqua sporca, riconoscendo che c’è un potenziale nell’Europa. Penso al modello di integrazione europea che potrebbe essere interessante per l’Africa, al modello di sicurezza sociale, ai sistemi di tassazione che in Africa devono ancora essere sviluppati. L’Africa deve riconoscere che questo è il vantaggio comparativo dell’Europa. E sono questi i settori su cui l’Ue dovrebbe puntare evitando di inseguire la Cina sul terreno dei grandi investimenti infrastrutturali”.