“Non dirmi che hai paura” di dare un volto alle storie senza nome del mediterraneo

“Mi chiedo quale nome ti ha dato, la tua mamma preziosa…perché io non posso sopportare che tu venga chiamato numero 92”.

foto del Museo delle Migrazioni di Lampedusa e Linosa

foto del Museo delle Migrazioni di Lampedusa e Linosa (www.museodellemigrazioni.com)

Il grido della poetessa eritrea, Selem Kidane, si alza di fronte ai morti senza nome del Mediterraneo: oltre 19mila persone scomparse, negli ultimi vent’anni, nel tentativo di raggiungere l’Europa secondo quanto riportato dal blog Fortress Europe.
Numeri imponenti di una tragedia di fronte alla quale rischiamo di perdere il senso dei singoli volti, delle storie e dei sogni di quanti  continuano anche oggi ad affidarsi al Viaggio (con la “v” maiuscola), per inseguire un futuro migliore.

NonDirmiCheHaiPauraStorie che alcuni giornalisti e scrittori, da entrambe le sponde del mare, hanno provato a raccontare in questi ultimi anni. A loro si aggiunge la voce delicata del giovane scrittore Giuseppe Catozzella che ha dato alle stampe per Feltrinelli il suo nuovo romanzo “Non dirmi che hai paura” (15 euro – 236 pagine).

Quella raccontata da Catozzella è una storia di cui potremmo anche dubitare, per la sua eccezionalità, se non fosse per i video e gli articoli di giornale che hanno dato la notizia di questa morte, se non fosse per quel volto di ragazza, poco più che bambina, impressa nelle fotografie.

Samia Yusuf Omar era una giovane atleta somala, chiamata a rappresentare, appena diciassettenne, la sua nazionale nei duecento metri alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Una corsa, la sua, iniziata fin da bambina tra le vie polverose di Mogadiscio e conclusa il 2 aprile 2012 al largo di Lampedusa, nel naufragio del gommone sul quale aveva intrapreso l’ultima tappa del suo Viaggio.

Nei suoi sogni il nord Europa e la possibilità di allenarsi, lontana dalla guerra, per inseguire l’Olimpiade di Londra e le gesta del suo eroe, l’atleta somalo (naturalizzato britannico) Mo Farah. “Mi sono imbattuto nella storia di Samia – racconta Catozzella – quando ero in Kenya per cercare materiale per un progetto a cui stavo lavorando sui taleban somali. Quando in televisione hanno parlato della sua storia ho capito che dovevo scriverla”.

E’ così che Catozzella cerca di entrare in Somalia, ma le condizioni di sicurezza non lo permettono. “Tornato in Italia – continua l’autore – sono riuscito, grazie alla collaborazione di una scrittrice somala, Igiaba Scego, a contattare la sorella di Samia, Hodan, che vive ad Helsinki. E’ stata lei, non senza una ritrosia iniziale, a raccontarmi la storia di sua sorella e cosa l’ha spinta a mettersi in viaggio”.

Ne nasce un testo scritto in prima persona, come se fosse la stessa Samia a raccontare la sua vita. Un testo capace di camminare, senza mai cadere, su un crinale sottile lontano da pietismo e sensazionalismo. Un romanzo che sa entrare nel cuore di una storia personale facendosi portavoce di un dramma e sogni collettivi.

“Sapevo del rischio che avrei corso – spiega Catozzella – ma volevo che fosse lei a raccontare la sua storia, da europeo che abita la fortezza Europa, volevo uscisse la sua voce. Lo dovevo a lei e a tutti i morti del Mediterraneo”.

SamiaYusufOmarPerché “Non dirmi che hai paura” è molto di più che un libro sulle migrazioni. E’ un libro su Mogadiscio, città bellissima violentata dalla guerra, sui sogni di una ragazza con la voglia di inseguire la propria strada, costi quel che costi. E’ un libro sullo sport, nella sua accezione più alta e nobile, sulla forza delle donne in una cultura, quella dei miliziani di Al-Shabaab, che vorrebbe emarginarle. Sul profumo del mare, ancora più forte quando è negato dai proiettili. Un libro che ti porta per mano fino al largo di Lampedusa. Una voce che sembra nata apposta per essere raccontata ad alta voce, soprattutto ai più giovani, e passata di bocca in bocca.

Per provare a dare un nome a troppe storie di uomini e donne ancora senza volto.

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